Chiara dezzi Bardeschi (a cura di)
Alinea Editrice, Firenze, 2008
PREMESSA ALLA MOSTRA : IL FUTURO DELLA MATERIA
1. Dopo il successo di critica e di pubblico ottenuto fin dalla sua presentazione in anteprima alla Buid Up Expo ed alla BIT (Borsa Italiana del Turismo) alla Fiera di Milano (6-25 febbraio 2007) e dopo la sua inauguraizone al Salone del Restauro di Ferrara (22-25 marzo 2007) ed il passaggio per il prestigioso Palazzo Ducale di Gubbio (14 giugno - 31 luglio 2007), ora opportunamente ampliata, questa Terza Mostra Internazionale del Restauro Monumentale, approda a Roma, negli storici spazi del San Michele, messi a disposizione dal Ministero per i Beni e le Attività culturali. Penso sia ormai superfluo ricordare che l'iniziativa si ricollega direttamente alla precedente Mostra (la seconda, appunto), allestita nel 1964 a Palazzo Grassi a Venezia, in occasione di quel Congresso Internazionale degli Architetti, nel corso del quale fu varata la Carta italiana del Restauro che prende il nome dalla stessa città e costituisce, a tutt'oggi, per la cultura internazionale del restauro il referente più accreditato.
La Mostra si propone di contribuire all'ambizioso e certo non facile compito di offrire uno sguardo a tutto campo sull'attuale stato di avanzamento (istituzionale, professionale e formativo/didattico) della disciplina in Italia e nel mondo tornando a mettere a confronto diretto fra loro, a distanza di due generazioni, esperienze nate sicuramente da una medesima esigenza (quella della dovuta tutela e della auspicabile valorizzazione di un patrimonio riconosciuto come bene comune) e tuttavia affrontate (e di conseguenza risolte) ancor oggi secondo metodi, strategie e modalità troppo diversificate tra loro.
2. Gli enti promotori (il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l'ICOMOS e la Fondazione Politecnico di Milano) sono lieti di presentare in questa sede i materiali documentari che, raccogliendo le generose adesioni dei vari Comitati nazionali e scientifici dell'ICOMOS da una parte e delle Soprintendenze e degli Istituti di ricerca scientifica delle Università italiane dall'altra, testimoniano, a confronto, le molteplici iniziative di salvaguardia e di restauro nel mondo. Questo Catalogo intende contribuire a coprire la crescente e sempre più diffusa domanda di informazione sugli interventi di Restauro, consentendone così un primo aggiornato inquadramento critico comparativo. E' infatti questa, per sua natura – al pari della precedente mostra veneziana del 1964 – un'iniziativa costruita in modo da far parlare direttamente, senza particolari filtri né interpretazioni selettive, il materiale raccolto in totale legittima autonomia di scelta e di auto-illustrazione da parte di ciascun Ente o Comitato invitato a partecipare. E che dunque si affida esclusivamente alla capacità comunicativa diretta delle immagini e dei sintetici testi proposti.
3. Nata nel 2006 per iniziativa di chi scrive, fatta propria dal Comitato italiano dell'ICOMOS, grazie alla sollecita
disponibilità della Segreteria generale della sede centrale di Parigi, ed alla fattiva collaborazione dei Comitati Scientifici internazionali (ICC) dell'ICOMOS e dei Comitati nazionali di tante nazioni, questa Mostra itinerante si propone di mettere in moto, in ciascuna delle sue tappe, una serie di occasioni di pubblico confronto sui temi di attualità utili all'auspicato approfondimento del dibattito disciplinare. Il suo sottotitolo (dal Restauro alla Conservazione), registra una sempre più generale tendenza teoretica di rispetto e di ascolto, a sostegno delle buone pratiche di cantiere che ne dovrebbero conseguentemente discendere. E tuttavia non è ancora difficile dover verificare, come peraltro già acutamente rilevava Camillo Boito, la grande verità del vecchio proverbio popolare secondo il quale "tra il dire e il fare/ c'è di mezzo il mare".
L'impegno alla conservazione trova la sua fondamentale giustificazione nel riconoscimento del sostanziale carattere di unicità ed irriproducibilità delle risorse costruite e dunque nella necessità di disporre della più allargata e condivisa mobilitazione (metodologica, progettuale ed operativa) da parte dell'intera comunità mondiale degli operatori al fine di assicurare – fuor di ogni facile retorica delle parole – un prolungato futuro al nostro comune passato.
4. La Mostra si apre con il doveroso omaggio a quattro grandi protagonisti degli eventi del 1964 (Pietro Gazzola e Roberto Pane, autorevoli estensori del testo della Carta di Venezia; Piero Sanpaolesi, allora direttore –a Firenze- del primo Istituto universitario italiano di restauro e curatore con la collaborazione di chi scrive della Mostra di Palazzo Grassi e Guglielmo De Angelis d'Ossat, ex-Direttore Generale del Ministero e tra i promotori della nascita dell'ICOMOS). Essa vuole in qualche modo misurare dagli esiti visibili sul campo, lo stato di avanzamento del dibattito disciplinare sul Restauro architettonico.
La storia del Restauro ci propone purtroppo una impressionante Galleria di monumenti devastati o distrutti proprio dall'opera sconsiderata e irresponsabile dei cosiddetti "addetti ai lavori", una Storia che reclama, ancora oggi come già ai tempi delle denunce e delle crociate di Hugo, Ruskin, Riegl, Dehio, Dvorak e tanti altri, una irreversibile svolta epocale all'insegna del motto: conoscere, rispettare, curare, valorizzare e trasmettere a chi viene dopo di noi il patrimonio costruito esistente.
L'aspettativa che ha animato i promotori e gli organizzatori è solo quella di poter contribuire concretamente, attraverso l'appassionata e generosa partecipazione del sempre più vasto popolo degli addetti ai lavori, ai necessari e tempestivi interventi di cura del costruito esistente che ne rispettino l'autenticità materiale ed il valore di documento e di insostituibile testimonianza diretta. Il patrimonio delle risorse costruite costituisce infatti il fondamentale specchio sensibile in cui si riflette in ogni momento l'identità materiale, tangibile, di ogni operosa comunità sociale. Un'identità fisica manoscritta in copia unica che ogni generazione, con la propria attività, deposita sul sito in cui vive ed opera e che progressivamente vi si stratifica come gli stessi tell archeologici, per via sia dell'aggiungere che del levare, dando vita ad un inesauribile processo fisiologico di accumulazione (e di dissipazione) di eventi costruttivi, mai riconducibile ad una presunta invariante atemporale, riassumibile in immagine come astratta icona sovrastorica d'affezione. Quella che costituisce il nostro patrimonio costruito è, al contrario, una fragile identità materiale deperibile (e dunque, alla lunga, peribile) soggetta ad un incessante, ed oggi sempre più accelerato, processo di trasformazione. Un'identità materiale a rischio, dunque, nella sua consistenza che reclama il massimo senso di vigile consapevolezza culturale ed una conseguente tempestiva mobilitazione di competenze integrate per garantire, con la dovuta salvaguardia, la qualità dei nuovi apporti d'uso necessari e compatibili che via via la nostra laboriosa operosità vi aggiunge e contestualizza e che costituiranno –ci auguriamo- quell'ulteriore valore aggiunto destinato a testimoniare del grado di ascolto e di capacità di dialogo delle nostre generazioni.
5. Formuliamo dunque l'auspicio che questa iniziativa possa utilmente dar vita, attraverso le sue progressive tappe, all'attivazione di una banca dati in progress e di un laboratorio permanente di ricerca che via via si arricchisca dei valori testimoniali utili all'auspicato consolidarsi, sia a livello sperimentale di progetto che dell'affinarsi delle relative tecniche e modalità di gestione nei relativi cantieri, di una sempre più coerente operosità interdisciplinare di rispetto, cura e valorizzazione del sistema dei valori, sia materiali che immateriali, ricevuti in eredità dalle generazioni che ci hanno preceduto, che costituiscono quelle inconfondibili radici identitarie che abbiamo il dovere e la responsabilità di portarci con noi nel futuro trasmettendole a nostra volta, il più possibile integre e certificate dai segni del tempo, ai nuovi utenti e custodi che vorranno farsene carico.
Marco Dezzi Bardeschi