Laura Gioeni (a cura di)
Tecnostampa Seriate, Bergamo, 2002
Seduto davanti al caffè Florian, "nella splendida piazza che fa da ampio scenario alla strana, antica chiesa di San MArco", il William James veneziano del Carteggio Aspern disegna col pensiero nuove geografie: "il viaggiatore ricorderà come l'immenso grappolo dei tavolini e delle sedie si dilati a guisa di promontorio nel tranquillo lago della piazza. L'intero luogo, nelle serate estive, sotto le stelle, con le voci e i passi lievi sul marmo - gli unici suoni nell'immenso porticato che lo racchiude -, è una sala all'aperto dedicata alle bevande rinfrescanti e alla degustazione ancora più sottile delle squisite impressioni del giorno".
Cosa sono i tavolini, le sedie, il marmo della pavimentazione di piazza San Marco? Architetture? Sì, sono architetture ... "senza metri cubi", secondo la felice espressione, degna di un copywriter professionista, che Dezzi Bardeschi ha scelto per alcuni suoi recenti lavori. Cosa significa "senza metricubi"? Senza volume, ovviamente! Cioè architetture che non definiscono uno spazio chiuso, ma sono semplici elementi, a volte solo superfici, lasciati a cielo aperto, modellati secondo gli usi quotidiani. Il carattere principale di queste piccole architetture è dato dall'essere esposte al sole e alla pioggia, al caldo e al freddo, al vento e al suono dei cieli italiani. Troviamo una fontana, tre piazze, due scale e altrettante aeree passerelle, a cui fanno seguito cinque progetti di concorso senza esito. Totale: undici piccoli pezzi da guardare, da ascoltare, da toccare.
Memori di una tradizione che dalle impalpabili reklame-architektur del Razionalismo europeo approda alla tattile corporeità della salita dell'Acropoli "scolpita" da Pikionis, queste opere di Marco Dezzi Bardeschi, sia quando sono radicate nella terra, sia quando scelgono di librarsi nel cielo, propongono la costruzione di luoghi per il oassaggio o per la sosta nella Storia, senza falsi celamenti.
È la loro apertura alla contemporaneità, così come alle condizioni atmosferiche, a stabilirne la forma, gioiosamente ispirata alla natura. Due rondini uniscono le torri del Castello di Vigoleno. Il sole disegna la piazzetta di porto San Giorgio, mentre un fiume (con tanto di barca-pesce che lo risale) corre sul corso Garibaldi di Montelupo Fiorentino. A Montechiarugolo un delicato ricamo di pietra difende il monumento alla Resistenza. Lo stesso sistema di segni, che allude al significato simbolico dei cerchi concentrici, pavimenta la piazza del Castello Barbò a Pumenengo. Qui, la scala di sicurezza anticipa i temi sviluppati nel progetto per il Palazzo della Ragione a Milano: la scala cresce fino a diventare un albero metallico sul quale arrampicarsi per legger da vicino il monumento. Ma l'architetto non ci lascia sospesi sulla storia. Il suo cammino continua scendendo sulla silenziose rive del Lago di Lugano che ora appaiono profumate da sensuali fioriture, prosegue ridando vita alle architetture industriali sempre attraverso figurazioni naturali e si chiude (per ora) sull'ampia volta della Basilica Palladiana di Vicenza, sfondo ideale per ripartire sulle fascinose ali della memoria esoterica. Con o senza metri cubi, cercando modi sempre diversi per raccontare gli spazi della felicità e della bellezza.
Federico Bucci
Parma, 1 ottobre 2002